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Zobacz tłumaczenieGiovenale - [Incunable] Satyrarum Iuuenalis - 1498
Nr 92425963
CONTRO LE DONNE E GLI OMOSESSUALI - GIOVENALE OMOFOBO E SESSISTA !
INCUNABLE - IN FOLIO
Prostituzione, infedeltà coniugale, cannibalismo, sodomia, banchetti stravaganti, ipocrisia, spreco.
Giovenale contrappone sempre l'omosessuale molle, urbano e sofisticato, al ruvido e pio contadino repubblicano, in cui si concentrano per contrasto tutte le qualità di una civiltà guerriera, gloriosa e perduta.
La satira VI rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginia di tutti i tempi.
Campeggia la cupa grandezza di Messalina, definita Augusta Meretrix, ovvero "prostituta imperiale". Messalina viene presentata come una persona dalla doppia vita: non appena suo marito Claudio si addormenta, ne approfitta per prostituirsi in un lupanare fino all'alba, "lassata viris necdum satiata" - stanca da tanti uomini, mai soddisfatta. (Vedi Dannunzio: "sed non satiata").
Edizione molto rara del Commentario a Giovenale, di Antonio Mancinelli, Domizio Calderini, Giorgio Merula e Giorgio Valla, raffigurati in xilografia a inizio volume. IGI 5602; BMC V 533; Goff J666; Essling 785; Sander 3729. Brunet III, 1628: Pr 7408; BMC VII 1148; IGI 2354. Goff C35; HC(+Add) 4238*; IGI 2354; Pr 7408; BMC VII 1148; BSB-Ink C-43; GW 5886
UNA COPIA DI UN ANNO PRECEDENTE (NON LA PRIMA) IN VENDITA ONLINE A EUR 30.704,21
CONDITION REPORT
218 carte, famosa illustrazione xilografica al frontespizio a carta A1 recto - raffigurante i quattro commentatori Antonio Mancinelli, Domizio Calderini, Giorgio Merula e Lorenzo Valla, capilettera xilografici rubricati in rosso e blu da mano successiva, note coeve a margine, qualche carta brunita, gore, legatura del sec. XVIII in pelle marmorizzata, titoli in oro su tassello rosso su dorso a 5 nervi, segni di usura, decorazioni in oro ai comparti, tagli a spruzzo. Ultima carta restaurata al margine interno senza perdita di testo. Nota di possesso erasa a carta A1 recto, e altra nota di possesso al bordo superiore.
FULL TITLES & AUTHORS
Juvenalis Anton. Manci. Domici(us) Geor. Val. Argumenta Satyrarum Iuuenalis per Antonium Mancinellum Príma docet Satyræ caufas: formaq libelli: Qui fimulant curios fatyra patuere Secunda. Ex Vrb: umbrítíí digreffum Tertia narrat. Quarta quidem crifpinu odit:caluuq neroné: Ganeo quæ tolerat parafitus Quinta notauit, Sexta hæc infidas mulieres pandit abunde Septíma demonftrat Romam nil ferre poetís...
Venezia, Giovanni Tacuino de Tridino, 24 luglio 1498.
Decimus Junius Juvenalis
Commento di Domitius Calderinus, Georgius Valla e Antonius Mancinellus
CONTENTS
Queste satire argute e crudeli deridono la decadenza in tutte le sue forme: prostituzione, infedeltà coniugale, banchetti stravaganti, cannibalismo, sodomia, ipocrisia, spreco. Il Rinascimento li prese come modelli letterari e come deposito di citazioni. Questa è la prima stampa che unisce le prefazioni e i commenti quattrocenteschi del segretario pontificio Dom. Calderini, del maestro e poeta Ant. Mancinelli, il correttore di stampa e cacciatore di libri Giorgio Merula e lo scrittore scientifico e bibliofilo Giorgio Valla.
Le loro note circondano il testo su tre lati.
Quando la xilografia del titolo apparve per la prima volta, Giovenale reggeva la cattedra affiancato dai tre commentatori inclusi nell'edizione. L'aggiunta di Merula al volume e la sua somiglianza con l'illustrazione del titolo costrinsero Giovenale a uscire di scena, un ulteriore affronto all'autore congenitamente dispeptico.
Edizione incunabola dell'opera di Giovenale. Decimo Giunio Giovenale (in latino Decimus Iunius Iuvenalis, pronuncia classica o restituta: [ˈdɛkɪmʊs ˈjuːnɪ.ʊs jʊwɛˈnaːlɪs]; Aquino, tra il 50 e il 60 – Roma, dopo il 127) è stato un poeta e retore romano. La sua poetica prosegue la tradizione satirica di Lucilio, Orazio e Persio. La satira I è di argomento letterario, egli come Persio attacca la cultura contemporanea, le recitationes, poiché caratterizzata dalla mitologia, falsa rappresentazione della realtà.
Egli propone di trattare della realtà, del verum, che anche secondo Marziale coincide con il quotidiano, egli invece tende a enfatizzare gli eventi, mostrati come casi mostruosi: come il matrimonio di un eunuco, l’esibizione di una matrona in veste di gladiatrice. Come Persio, Giovenale tratta dei mores, ma non per correggerli, bensì per denunciarli, attaccando i vizi e non le persone, attraverso l’indignatio invece del tradizionale ludus.
Bersaglio privilegiato delle satire di Giovenale sono le donne, in special modo quelle emancipate e libere tra le matrone romane, che, per il loro disinvolto muoversi nella vita sociale, personificano agli occhi del poeta lo scempio stesso del pudore.
Quelli che egli considerava i vizi e le immoralità dell'universo femminile gli ispireranno la satira VI, la più lunga, che rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginia di tutti i tempi, dove campeggia la cupa grandezza di Messalina, definita Augusta meretrix, ovvero "prostituta imperiale". Messalina viene presentata appunto come una persona dalla doppia vita: non appena suo marito Claudio si addormenta, ne approfitta per prostituirsi in un lupanare fino all'alba, "lassata viris necdum satiata" (stanca di tanti, ma non soddisfatta). Questa satira è stata scritta con l'intento di dissuadere dalle nozze l'amico Postumo e come esempio negativo di degenerazione vi è anche la figura di Eppia, una donna che fugge con un gladiatore, abbandonando il marito Veientone (un senatore), la sorella e i figli.
Le descrizioni dei comportamenti delle matrone romane da parte di Giovenale sono infatti spesso aspre e crude: frequenti sono i tratti quasi irreali di scialacquatrici senza il minimo freno morale, che non badano alla povertà alle porte perseverando in esistenze condite dei più turpi misfatti. Si contano avvelenamenti, omicidi premeditati di eredi, sebbene talvolta si tratti dei propri figli, superstizioni superficiali, maltrattamenti estremi della servitù, nel segno di frustate e volontà di crocifiggere chi abbia commesso anche il minimo errore, a cui si aggiungono, ovviamente, tradimenti e leggerezze morali imperdonabili agli occhi di Giovenale. Significativa, come riassuntiva di quanto esposto, questa frase pronunciata da una matrona: "O demens, ita servus homo est?" ("Oh stupido, così uno schiavo sarebbe un essere umano?").
Altro comune bersaglio di Giovenale fu l'omosessualità, che si traduce per lui e per il mondo cui appartiene in una fatidica bolla d'infamia (si veda a questo proposito la Lex Scantinia). Giovenale conosce e distingue due diversi tipi di "omosessuale": quello che per natura proprio non può dissimulare la sua condizione (quindi tollerato, poiché è il suo triste destino); quello che per ipocrisia si nasconde di giorno pontificando rabbiosamente sulla corruzione degli antichi costumi romani, per poi sfogarsi di notte lontano da occhi indiscreti.
Entrambi questi tipi vengono condannati da Giovenale, poiché omosessuali, ma il secondo in modo particolare, per essersi reso ancora più odioso dall'alto del suo piedistallo di falso censore: ecco, quindi, che si ritrova quella carica anti-moralistica che è una cifra fondamentale della sua poetica. Il disprezzo per le convenzioni è bilanciato da una mitizzazione pressoché integrale del passato, secondo il tipico topos della perduta età dell'oro, quella dei popoli latini pastori e agricoltori, non ancora contaminati dai costumi orientali: infattic, Giovenale contrappone sempre l'omosessuale molle, urbano e molto raffinato, al ruvido e pio contadino repubblicano, in cui si concentrano per contrasto tutte le qualità di una civiltà guerriera, gloriosa e perduta. Tanto lontani dovevano apparire ai suoi occhi quei tempi di rustica virtù, almeno quanto appaiano a noi vicine simili libertà di costume.
Quelli che egli considerava i vizi e le immoralità dell'universo femminile gli ispireranno la satira VI, la più lunga, che rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginia di tutti i tempi, dove campeggia la cupa grandezza di Messalina, definita Augusta meretrix, ovvero "prostituta imperiale". Messalina viene presentata appunto come una persona dalla doppia vita: non appena suo marito Claudio si addormenta, ne approfitta per prostituirsi in un lupanare fino all'alba, "lassata viris necdum satiata" (stanca di tanti, ma non soddisfatta): vedi D'Annunzio "sed non satiata".
Giovenale propone di trattare della realtà, del verum, che anche secondo Marziale coincide con il quotidiano, egli invece tende a enfatizzare gli eventi, mostrati come casi mostruosi: come il matrimonio di un eunuco, l’esibizione di una matrona in veste di gladiatrice. Come Persio, Giovenale tratta dei mores, ma non per correggerli, bensì per denunciarli, attaccando i vizi e non le persone, attraverso l’indignatio invece del tradizionale ludus.
Questa satira è stata scritta con l'intento di dissuadere dalle nozze l'amico Postumo e come esempio negativo di degenerazione vi è anche la figura di Eppia, una donna che fugge con un gladiatore, abbandonando il marito Veientone (un senatore), la sorella e i figli.
BIBLIOGRAPHY
Giovenale, Decimo Giunio, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Pietro Ercole, GIOVENALE, Decimo Giunio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
Giovenàle, Dècimo Giùnio, su sapere.it, De Agostini.
(EN) Gilbert Highet, Juvenal, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
(LA) Opere di Decimo Giunio Giovenale, su Musisque Deoque.
(LA) Opere di Decimo Giunio Giovenale, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.
Opere di Decimo Giunio Giovenale / Decimo Giunio Giovenale (altra versione) / Decimo Giunio Giovenale (altra versione) / Decimo Giunio Giovenale (altra versione) / Decimo Giunio Giovenale (altra versione), su MLOL, Horizons Unlimited.
(EN) Opere di Decimo Giunio Giovenale, su Open Library, Internet Archive.
(EN) Audiolibri di Decimo Giunio Giovenale, su LibriVox.
(EN) Decimo Giunio Giovenale, su Goodreads.
Decimo Giunio Giovenale, su Discografia nazionale della canzone italiana, Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi.
(EN) Testo latino delle D. Iuni Iuvenalis Saturae da The Latin Library
Approfondimento sul sito della città natale di Giovenale, su comune.aquino.fr.it.
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CONTRO LE DONNE E GLI OMOSESSUALI - GIOVENALE OMOFOBO E SESSISTA !
INCUNABLE - IN FOLIO
Prostituzione, infedeltà coniugale, cannibalismo, sodomia, banchetti stravaganti, ipocrisia, spreco.
Giovenale contrappone sempre l'omosessuale molle, urbano e sofisticato, al ruvido e pio contadino repubblicano, in cui si concentrano per contrasto tutte le qualità di una civiltà guerriera, gloriosa e perduta.
La satira VI rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginia di tutti i tempi.
Campeggia la cupa grandezza di Messalina, definita Augusta Meretrix, ovvero "prostituta imperiale". Messalina viene presentata come una persona dalla doppia vita: non appena suo marito Claudio si addormenta, ne approfitta per prostituirsi in un lupanare fino all'alba, "lassata viris necdum satiata" - stanca da tanti uomini, mai soddisfatta. (Vedi Dannunzio: "sed non satiata").
Edizione molto rara del Commentario a Giovenale, di Antonio Mancinelli, Domizio Calderini, Giorgio Merula e Giorgio Valla, raffigurati in xilografia a inizio volume. IGI 5602; BMC V 533; Goff J666; Essling 785; Sander 3729. Brunet III, 1628: Pr 7408; BMC VII 1148; IGI 2354. Goff C35; HC(+Add) 4238*; IGI 2354; Pr 7408; BMC VII 1148; BSB-Ink C-43; GW 5886
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218 carte, famosa illustrazione xilografica al frontespizio a carta A1 recto - raffigurante i quattro commentatori Antonio Mancinelli, Domizio Calderini, Giorgio Merula e Lorenzo Valla, capilettera xilografici rubricati in rosso e blu da mano successiva, note coeve a margine, qualche carta brunita, gore, legatura del sec. XVIII in pelle marmorizzata, titoli in oro su tassello rosso su dorso a 5 nervi, segni di usura, decorazioni in oro ai comparti, tagli a spruzzo. Ultima carta restaurata al margine interno senza perdita di testo. Nota di possesso erasa a carta A1 recto, e altra nota di possesso al bordo superiore.
FULL TITLES & AUTHORS
Juvenalis Anton. Manci. Domici(us) Geor. Val. Argumenta Satyrarum Iuuenalis per Antonium Mancinellum Príma docet Satyræ caufas: formaq libelli: Qui fimulant curios fatyra patuere Secunda. Ex Vrb: umbrítíí digreffum Tertia narrat. Quarta quidem crifpinu odit:caluuq neroné: Ganeo quæ tolerat parafitus Quinta notauit, Sexta hæc infidas mulieres pandit abunde Septíma demonftrat Romam nil ferre poetís...
Venezia, Giovanni Tacuino de Tridino, 24 luglio 1498.
Decimus Junius Juvenalis
Commento di Domitius Calderinus, Georgius Valla e Antonius Mancinellus
CONTENTS
Queste satire argute e crudeli deridono la decadenza in tutte le sue forme: prostituzione, infedeltà coniugale, banchetti stravaganti, cannibalismo, sodomia, ipocrisia, spreco. Il Rinascimento li prese come modelli letterari e come deposito di citazioni. Questa è la prima stampa che unisce le prefazioni e i commenti quattrocenteschi del segretario pontificio Dom. Calderini, del maestro e poeta Ant. Mancinelli, il correttore di stampa e cacciatore di libri Giorgio Merula e lo scrittore scientifico e bibliofilo Giorgio Valla.
Le loro note circondano il testo su tre lati.
Quando la xilografia del titolo apparve per la prima volta, Giovenale reggeva la cattedra affiancato dai tre commentatori inclusi nell'edizione. L'aggiunta di Merula al volume e la sua somiglianza con l'illustrazione del titolo costrinsero Giovenale a uscire di scena, un ulteriore affronto all'autore congenitamente dispeptico.
Edizione incunabola dell'opera di Giovenale. Decimo Giunio Giovenale (in latino Decimus Iunius Iuvenalis, pronuncia classica o restituta: [ˈdɛkɪmʊs ˈjuːnɪ.ʊs jʊwɛˈnaːlɪs]; Aquino, tra il 50 e il 60 – Roma, dopo il 127) è stato un poeta e retore romano. La sua poetica prosegue la tradizione satirica di Lucilio, Orazio e Persio. La satira I è di argomento letterario, egli come Persio attacca la cultura contemporanea, le recitationes, poiché caratterizzata dalla mitologia, falsa rappresentazione della realtà.
Egli propone di trattare della realtà, del verum, che anche secondo Marziale coincide con il quotidiano, egli invece tende a enfatizzare gli eventi, mostrati come casi mostruosi: come il matrimonio di un eunuco, l’esibizione di una matrona in veste di gladiatrice. Come Persio, Giovenale tratta dei mores, ma non per correggerli, bensì per denunciarli, attaccando i vizi e non le persone, attraverso l’indignatio invece del tradizionale ludus.
Bersaglio privilegiato delle satire di Giovenale sono le donne, in special modo quelle emancipate e libere tra le matrone romane, che, per il loro disinvolto muoversi nella vita sociale, personificano agli occhi del poeta lo scempio stesso del pudore.
Quelli che egli considerava i vizi e le immoralità dell'universo femminile gli ispireranno la satira VI, la più lunga, che rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginia di tutti i tempi, dove campeggia la cupa grandezza di Messalina, definita Augusta meretrix, ovvero "prostituta imperiale". Messalina viene presentata appunto come una persona dalla doppia vita: non appena suo marito Claudio si addormenta, ne approfitta per prostituirsi in un lupanare fino all'alba, "lassata viris necdum satiata" (stanca di tanti, ma non soddisfatta). Questa satira è stata scritta con l'intento di dissuadere dalle nozze l'amico Postumo e come esempio negativo di degenerazione vi è anche la figura di Eppia, una donna che fugge con un gladiatore, abbandonando il marito Veientone (un senatore), la sorella e i figli.
Le descrizioni dei comportamenti delle matrone romane da parte di Giovenale sono infatti spesso aspre e crude: frequenti sono i tratti quasi irreali di scialacquatrici senza il minimo freno morale, che non badano alla povertà alle porte perseverando in esistenze condite dei più turpi misfatti. Si contano avvelenamenti, omicidi premeditati di eredi, sebbene talvolta si tratti dei propri figli, superstizioni superficiali, maltrattamenti estremi della servitù, nel segno di frustate e volontà di crocifiggere chi abbia commesso anche il minimo errore, a cui si aggiungono, ovviamente, tradimenti e leggerezze morali imperdonabili agli occhi di Giovenale. Significativa, come riassuntiva di quanto esposto, questa frase pronunciata da una matrona: "O demens, ita servus homo est?" ("Oh stupido, così uno schiavo sarebbe un essere umano?").
Altro comune bersaglio di Giovenale fu l'omosessualità, che si traduce per lui e per il mondo cui appartiene in una fatidica bolla d'infamia (si veda a questo proposito la Lex Scantinia). Giovenale conosce e distingue due diversi tipi di "omosessuale": quello che per natura proprio non può dissimulare la sua condizione (quindi tollerato, poiché è il suo triste destino); quello che per ipocrisia si nasconde di giorno pontificando rabbiosamente sulla corruzione degli antichi costumi romani, per poi sfogarsi di notte lontano da occhi indiscreti.
Entrambi questi tipi vengono condannati da Giovenale, poiché omosessuali, ma il secondo in modo particolare, per essersi reso ancora più odioso dall'alto del suo piedistallo di falso censore: ecco, quindi, che si ritrova quella carica anti-moralistica che è una cifra fondamentale della sua poetica. Il disprezzo per le convenzioni è bilanciato da una mitizzazione pressoché integrale del passato, secondo il tipico topos della perduta età dell'oro, quella dei popoli latini pastori e agricoltori, non ancora contaminati dai costumi orientali: infattic, Giovenale contrappone sempre l'omosessuale molle, urbano e molto raffinato, al ruvido e pio contadino repubblicano, in cui si concentrano per contrasto tutte le qualità di una civiltà guerriera, gloriosa e perduta. Tanto lontani dovevano apparire ai suoi occhi quei tempi di rustica virtù, almeno quanto appaiano a noi vicine simili libertà di costume.
Quelli che egli considerava i vizi e le immoralità dell'universo femminile gli ispireranno la satira VI, la più lunga, che rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginia di tutti i tempi, dove campeggia la cupa grandezza di Messalina, definita Augusta meretrix, ovvero "prostituta imperiale". Messalina viene presentata appunto come una persona dalla doppia vita: non appena suo marito Claudio si addormenta, ne approfitta per prostituirsi in un lupanare fino all'alba, "lassata viris necdum satiata" (stanca di tanti, ma non soddisfatta): vedi D'Annunzio "sed non satiata".
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Questa satira è stata scritta con l'intento di dissuadere dalle nozze l'amico Postumo e come esempio negativo di degenerazione vi è anche la figura di Eppia, una donna che fugge con un gladiatore, abbandonando il marito Veientone (un senatore), la sorella e i figli.
BIBLIOGRAPHY
Giovenale, Decimo Giunio, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Pietro Ercole, GIOVENALE, Decimo Giunio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
Giovenàle, Dècimo Giùnio, su sapere.it, De Agostini.
(EN) Gilbert Highet, Juvenal, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
(LA) Opere di Decimo Giunio Giovenale, su Musisque Deoque.
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