Simona Gasperini (1973) - Reborn

SIMONA GASPERINI, "Reborn", 2022, Pitto-fotografia pezzo unico su plexiglass, 3 mm in HD, 40x30 cm. Al verso: nome artista, titolo, tecnica, anno, misure, firma. Opera accompagnata da autentica su foto dell'artista. L'opera non necessita di cornice.

La riflessione della fotografa Simona Gasperini, parte dalla contemplazione del dipinto Ophelia di John Everett Millais, creato dall’artista preraffaellita nel 1851-1852. La bellissima Ophelia, personaggio dell’Amleto di Shakespeare, è colta nell’attimo precedente la sua morte, dove galleggia leggera nell’acqua del ruscello in cui è caduta.
Ophelia è come cristallizzata all’interno di un momento di pura sospensione. Costellano la sua veste e il paesaggio circostante, tipi diversi di fiori. Ognuno di loro reca un significato ben preciso: il papavero è simbolo del sonno della morte, la violetta la castità, le rose incarnano un amore terminato in modo tragico, le margherite la purezza e l’innocenza, le ortiche il dolore fisico e il salice un amore non ricambiato. Quindi la splendida Ophelia sta per andare incontro a un destino terribile e i meravigliosi fiori rappresentano concetti ben poco positivi. Effettivamente John Everett Millais dipinge quella che è conosciuta come una delle tragedie più famose di William Shakespeare. Eppure l’artista sceglie di rendere eterno un momento non ancora tragico, bensì di quiete e tranquillità, dove Ophelia galleggia serena e canta melodie antiche, inconsapevole del suo destino e ancora ancorata all’esistenza. Ecco che l’attenzione del preraffaellita si è concentrata nel rappresentare e rendere eterno un momento di vita profonda.
La fotografa Simona Gasperini osserva il dipinto di John Everett Millais ed estende questa tematica riportandola a un esito ben più positivo di quello meditato da Shakespeare, interpretando l’opera in una chiave del tutto personale.
La sua nuova serie di scatti, infatti prende il titolo di Reborn ossia Rinascita, ecco che a Ophelia viene data una seconda occasione di vita.
In ogni scatto si colgono differenti equilibri tra la distensione del colore e la trasparenza della superficie sulla quale la fotografa lavora. La luce naturale fa da proiettore per un teatro dove protagonisti sono ogni volta degli indefinibili elementi naturali, soprattutto semi, che vengono colti in una danza, la cui coreografa è la fotografa stessa. La poesia delle piccole cose diviene energica e profondamente vitale. I colori sospinti in una traiettoria indeterminata, mettono in discussione tematiche quali nascita e morte, gioia e dolore, in un attimo sospeso nel tempo dove ogni finale è possibile.
Gli scatti di Simona Gasperini, mostrano quindi dei semi che si muovono leggeri su una superficie a tratti aerea, a tratti bagnata come il ruscello di Ophelia. Essi sembrano danzare incorporei e astratti come se fossero usciti proprio da quei fiori simbolo prima di morte, ora di vita.
Un tipo di fotografia profondamente legata alla pittura che mostra infiniti esiti e contaminazioni nuove che sfociano ogni volta in narrazioni del tutto differenti e profonde, dove la vera ricchezza è il saper osservare e guardare la realtà. Simona Gasperini, attraverso i suoi scatti, riesce a trasformare l’invisibile in pura poesia visiva. (Testo critico di Lisa Parra)