Storia

L’evoluzione culturale di Barbie

Scritto da Tom | 14 luglio 2023


Nel mondo frivolo, plastico e rosa di Barbie, non c’è molto spazio se non per l’adorazione. Poche creazioni hanno avuto l’impatto culturale di Barbie, un giocattolo che ha aperto la strada a un nuovo tipo di bambola. Dagli oggetti da collezione alla musica e adesso anche al cinema, l’universo di Barbie è vivo e vegeto, grazie anche alla mutata percezione dell’icona bionda e ai collezionisti che hanno sempre creduto nel potere di Barbie. Barbara Bieshaar, esperta di giocattoli, ci parla del collezionismo di Barbie e del fascino eterno, seppur in continua evoluzione, di questa bambola. 


Nel 1956, Barbara Handler era in vacanza con la famiglia in Svizzera quando si è imbattuta nella bambola Bild Lilli, una bambola tedesca ispirata a un fumetto intitolato Lilli pubblicato sul giornale tedesco Bild. A differenza delle altre bambole dell’epoca, Lilli aveva qualcosa di diverso. Non era un bambino o una bambina come la maggior parte delle altre bambole, ma una donna adulta. Inoltre, era una donna consapevole della propria sessualità, un personaggio esplosivo che avrebbe potuto flirtare con un poliziotto per strada come con il suo capo. Quello che Lilli e i produttori della bambola non sapevano era che Lilli sarebbe stata presto messa fuori mercato da un’altra bambola a lei ispirata: Barbie. 


Non si trattava di una bambola qualunque: la piccola “Barbie” (diminutivo di Barbara Elizabeth Handler, come la figlia della Handler) misurava solo 11 pollici, era disponibile in versione bionda o bruna e indossava un costume da bagno gessato. Presentata all’International Toy Fair di New York il 9 marzo 1959, ha cambiato per sempre la cultura dei giocattoli. 



La prima Barbie ha debuttato nel 1959 con un elegante costume da bagno gessato. Wikimedia Commons.

«Ciò che rendeva Barbie così speciale non era il fatto che fosse solo carina e che il suo guardaroba fosse fantastico», spiega l’esperta di giocattoli Barbara Bieshaar, che ha seguito per anni le varie edizioni di Barbie e quello che i collezionisti sono disposti a fare per assicurarsi la Barbie dei loro sogni, «ma che è così facile voler essere come lei». 

E non ha torto: Barbie era assolutamente originale in ciò che rappresentava, ovvero tutto e niente. Sembra quindi strano immaginare che Barbie si ispiri a qualcosa di diverso da sé stessa: un giocattolo che ha lasciato un segno nella cultura delle bambole e negli strati più rigidi della cultura popolare, che privilegia il divertimento e la creatività rispetto alla sostanza e alla serietà. Dopotutto, fin dalla sua nascita, Barbie è stata una colonna portante della cultura dei giocattoli, creata e commercializzata come un faro di bellezza e purezza. 



Il marchio Barbie ha fatto leva sulla bellezza, ma anche sulle convinzioni. Wikimedia Commons.

Le origini di Barbie, però, ispirate a una promiscua bambola tedesca, rappresentano soltanto una dimensione che dà il via a una storia di controversie e complessità che hanno accompagnato il marchio Barbie nel corso dei decenni: tutti elementi che servono a ricordare una bambola tanto innovativa quanto contestata. 


Esordi rigogliosi


All’inizio, tuttavia, il modello di Barbie era semplice. Barbie non era la prima bambola del suo genere, ma rappresentava qualcosa di nuovo sul mercato su scala globale. Sebbene le bambole già esistenti avessero le sembianze di bambini, la Handler aveva notato che la maggior parte dei più piccoli, compresi i suoi figli, le immaginavano come versioni adulte di loro stessi, da studenti universitari a medici. Al ritorno dal suo viaggio negli Stati Uniti, era decisa a cambiare le cose. 



Barbara Handler è stata la creatrice di Barbie e ha co-fondato il marchio di giocattoli internazionale Mattel. Wikimedia Commons.

Al suo debutto, disegnata da Charlotte Johnson e Jack Ryan, Barbie è stata un successo per Mattel (il marchio di giocattoli co-fondato dalla Handler e dal marito Elliot) con circa 350.000 pezzi venduti nel primo anno. La domanda di Barbie ha continuato a crescere e Mattel ha finito per acquisire i diritti della bambola Bild Lilli, la cui produzione è terminata nel 1964. Nel 1961, la Mattel ha presentato il fidanzato di Barbie, Ken, un bambolotto bizzarramente chiamato come il figlio della Handler, le cui iterazioni e derivazione avrebbero ispirato un seguito del tutto autonomo. Due anni dopo Barbie ha ricevuto una migliore amica di nome Midge e un anno dopo una sorellina di nome Skipper. La famiglia di Barbie era in continua crescita e, nel XXI secolo, Barbie era diventata il giocattolo più venduto di sempre della Mattel. 


Parte del successo originale di Barbie è stato lo stile di vita ambizioso che ha cercato di rappresentare, dice Barbara: «Barbie ci ha dimostrato che si può essere qualsiasi cosa si voglia. Basta guardare alla sua carriera: ha fatto quasi tutti i lavori». 


È proprio vero. Nel corso della sua vita, Barbie è stata oggetto di oltre 150 iterazioni e si stima che abbia intrapreso più di 250 carriere, dalla bambola single e appassionata di architettura de “La casa dei sogni di Barbie” alla Barbie infermiera, astronauta e chirurga. In qualche modo, è stata una delle poche bambole a rappresentare le donne che lavorano, un aspetto a cui Margot Robbie si è ispirata per il ruolo di Barbie nell’omonimo film del 2023.



Barbie aveva una serie di “slogan a favore dell’emancipazione”, che però sono stati spesso accolti in modo critico. Wikimedia Commons.

Eppure, sebbene in origine Barbie fosse stata creata come la ragazza che doveva solo credere di poter essere qualsiasi cosa, voler essere tutto spesso comporta il rischio di finire per non essere nulla. E Barbie lo ha scoperto prima di molti altri. 


Controversie e complessità


Il nome Barbie ha le sue connotazioni e, per molto tempo, la maggior parte di esse non sono state positive. Per quanto Barbie sia stata a lungo presente nel mondo del lavoro professionale, è stata spesso associata a un’interpretazione stereotipata del termine “bionda”: una svampita priva di spessore. Per alcune donne (e uomini), Barbie può essere stata una tela su cui proiettare la propria immaginazione, ma per molti Barbie ha rappresentato una mercificazione delle donne e dell’ideale di plastica, sia fisico che mentale, con cui la società le ha incatenate. In un famoso estratto, la scrittrice e giornalista femminista Susan Faludi ha descritto la sua definizione di femminismo con particolare riferimento a Barbie: “È il cartello dalle parole semplici innalzato da una bambina nello sciopero delle donne per l’uguaglianza del 1970: NON SONO UNA BARBIE”. 


Barbie ha a lungo perpetuato miti, intenzionalmente o meno, sugli ideali, i valori e i corpi delle donne. Una delle Barbie uscite nel 1963, chiamata “Barbie Baby-sits”, era corredata da una serie di accessori, uno dei quali era un libro intitolato “Come perdere peso”. La soluzione di Barbie? “Non mangiare”. Due anni dopo veniva presentata “Barbie Pigiama Party”, con lo stesso libro e una bilancia con un peso di circa 50 kg, a stento il peso di una donna adulta.



A sinistra: Il libro con i consigli su “Come perdere peso”. A destra: La bilancia fissata a un certo peso. Wikimedia Commons.

La preoccupazione del marchio Barbie per un presunto ideale di donna ha causato problemi, ma il brand ha cercato di adattare Barbie al mutevole giudizio del pubblico, se non altro per evitare il contraccolpo. Per gran parte degli anni ‘70 e ‘80, l’introduzione di “Barbie Malibu” e “Barbie Astronauta” ha diffuso il mantra della ragazza professionista che Mattel cercava di affermare, mentre Barbie è riuscita persino ad attirare l’attenzione di Andy Warhol, che ne ha fatto un dipinto. Eppure, con l’arrivo degli anni ‘90, Barbie si è trovata di nuovo nei guai. 


Dopo aver lanciato una “Barbie Presidente”, la Mattel ha presentato “Barbie Teen Talk”, programmata con circa 270 frasi ad effetto da ripetere ai suoi proprietari. Alcune di queste frasi includevano gli indimenticabili “Avremo mai abbastanza vestiti?”, “Adoro fare shopping” e l’immortale “La lezione di matematica è difficile!”. L’Associazione americana delle donne universitarie non poteva che criticare la Mattel per aver perpetuato, a loro avviso, i miti sull’educazione delle donne in matematica e scienze. Sebbene la Mattel abbia poi rimosso le frasi, Barbie non si è mai ripresa del tutto da questo passo falso, almeno per quanto riguarda l’immagine di una ragazza che lavora con cognizione di causa.


Gli anni ‘90 sono stati un periodo insidioso per Mattel, con “Barbie Oreo”, una Barbie di colore e una Barbie bianca, che ha causato lo sdegno della comunità afroamericana per il termine dispregiativo “Oreo”, seguita da “Becky Share a Smile”, una Barbie in sedia a rotelle che non poteva muoversi nella Casa dei Sogni di Barbie e che finiva per rappresentare, per coloro con esigenze di accessibilità, più la dura realtà che una fuga da essa. Entrambe le Barbie sono state, naturalmente, ritirate.


Tuttavia, neanche tutte le controversie hanno impedito a Barbie di essere un oggetto da collezione ricercato. Dopotutto, non è la solita bambola, dice Barbara. 



Barbie Collector – 1959 – 50º anniversario.

L’esperta spiega: «La maggior parte delle Barbie da collezione sono semplicemente opere d’arte. Sono come giocattoli per i collezionisti, sono belle da vedere». E molte di queste controverse Barbie sono oggetti da collezione irrinunciabili, anche se Barbara afferma che sono i primi modelli ad essere i più richiesti: «I collezionisti vogliono le Barbie più vecchie, come la prima del 1959. Ad ogni modo, tutto ciò che è degli anni ‘60 o ‘70 in buone condizioni è collezionabile e anche gli anni ‘80 sono in ascesa. Per quanto riguarda le Barbie contemporanee, sono quelle di designer famosi o le edizioni speciali le più preziose».


Barbara è una fan delle Barbie vintage: «Ho una grande preferenza per la serie “Silkstone”, come le Barbie Fashion Doll e Lingerie. Sono Barbie moderne con un look vintage. Inoltre, sono realizzate con materiali speciali come resina, sabbia e quarzo composito (detto “Silkstone”) e sono piuttosto pesanti».


La nuova era di Barbie


Mentre la storia degli anni 2000 torna a far parte della coscienza culturale, addirittura dichiarata una delle tendenze di quest’anno con la sua moda ispirata a “Ragazze a Beverly Hills”, assistiamo anche al ritorno in grande stile di Barbie. Alcuni potrebbero persino definire gli anni 2020 come l’era di Barbie, una rinnovata ossessione per quello stile un po’ svampito, guidata dalla Gen Z. Ma ci siamo mai davvero lasciati Barbie alle spalle?



Sono state introdotte sul mercato Barbie sempre più diversificate, nel tentativo del marchio di adattarsi all’era moderna.

L’impatto di Barbie è sempre andato oltre le semplici bambole. La sua estetica ha influenzato tutto, dalla musica contemporanea alla moda moderna, e i suoi ideali di femminilità, pur essendo progrediti grazie alle nuove versioni di modelli diversificati, sono sempre stati salvaguardati da persone e collezionisti che vedono la sacralità nella superficialità. Oggi, un’intera nuova legione di collezionisti apprezza questa “favola rosa” che Barbie rappresenta. 


Il film di Barbie mira a sfruttare l’ondata di amore per le cose frivole, con un generoso tocco di esistenzialismo. I collezionisti e le persone che hanno amato Barbie nel corso degli anni, però, sebbene il film possa attirare una nuova ondata di fan, non si sorprenderanno se Barbie avrà successo anche sul grande schermo. Dopotutto, chi la conosce e la ama sa che Barbie può davvero fare tutto. 


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