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Scritto da Tom Flanagan | 29 novembre 2022
Anche nel XXI secolo, il nudo femminile nell’arte è in continua evoluzione. Un tempo sfruttata e poi dimenticata, oggi viene valorizzata grazie a fotografi come Renée Jacobs. Con sede a Montpellier, Jacobs è considerata una delle più rinomate fotografe di donne e relazioni femminili queer al mondo. In occasione di un’asta retrospettiva sulla sua carriera, la Jacobs si è unita a noi per fare una breve chiacchierata sul tema dell’emancipazione della sessualità femminile nella fotografia e per discutere del perché sia così importante parlarne, oggi più che mai.
«Voglio che le donne vengano viste nel modo in cui desiderano essere viste», dice la fotografa americana Renée Jacobs in una recente intervista con France 24: «Ho delle idee sulle donne e sulla sessualità, ma ogni donna che fotografo ha una propria visione di sé, del proprio posto nel mondo. E io voglio ascoltare ciò che queste donne hanno da dire». È un sentimento semplice ma potente, nonché un approccio che è alla base di gran parte del lavoro della Jacobs.
Basta uno sguardo al suo portfolio per apprezzare la sensibilità e la profondità con cui ha esplorato e valorizzato il corpo femminile attraverso la sua fotografia. Immagini in bianco e nero di donne sorridenti, distese l’una sull’altra a torso nudo, che guardano la spiaggia con desiderio, ma sempre con il controllo della situazione. «Penso che le donne siano infinitamente potenti, misteriose, affascinanti e complesse», dice Renée. «I nostri desideri sono spesso nell’ombra, alla periferia di ciò che possiamo comprendere o spiegare appieno».
Il controllo e il potere che conferisce loro sono stati un punto di riferimento per tutta la sua carriera. Sebbene il suo lavoro sia stato accolto con favore dalla critica, nel corso degli anni è stato anche messo da parte, considerato da alcuni curatori più simile alla pornografia. Questo tentativo di limitare il corpo femminile, secondo l’artista, fa parte di un più ampio tentativo da parte del mondo dell’arte di desessualizzare non solo le donne, ma anche il corpo queer, che contribuisce ulteriormente all’emarginazione storica di entrambi i gruppi. È questo erotismo autentico e crudo che ha portato alla censura del suo lavoro, persino in una mostra di Helmut Newton a Barcellona.
«Dico spesso che la sessualità femminile in generale e quella lesbica in particolare sono spesso oscurate o sfruttate, raramente vengono valorizzate. È incredibilmente importante che la fotografia erotica (e tutta la fotografia femminile) rispecchi una versione più autentica di come le donne si vedono».
Naturalmente, la ragione è dalla sua parte e ha riscosso un ampio successo, apprezzata per l’intrinseca crudezza e spontaneità del suo lavoro. Ha pubblicato cinque monografie personali di fotografie ed è regolarmente presente in mostre, antologie come quella di Taschen e riviste di tutto il mondo. Il suo libro “Renée Jacobs’ PARIS” è stato un bestseller, successivamente ripubblicato in seconda edizione nel 2022, insieme alla prima edizione del suo libro “POLAROIDS”, premiato con il 2022 International Photography Award for Fine Art/Book.
Ma per la Jacobs arrivare a questa consapevolezza della forma femminile e alla cristallizzazione della sua arte è stato un vero viaggio: «Ho iniziato con il fotogiornalismo negli anni ‘80 e ho lavorato come freelance per riviste e giornali negli Stati Uniti. Successivamente, ho frequentato la facoltà di legge e sono stata avvocatessa per i diritti civili per 15 anni. Quando sono tornata alla fotografia, le foto di donne che ho iniziato a scattare sono diventate un’estensione visiva dell’attivismo a cui mi ero dedicata nella professione legale. In 15 anni di professione, mi era sembrato che la mia vita fosse priva di bellezza, quindi fotografare le donne è arrivata come una rivelazione».
La Jacobs è probabilmente attivista quanto fotografa. Durante il periodo in cui lavorava come avvocatessa per i diritti civili, ha sostenuto alcuni dei primi casi di diritti gay negli Stati Uniti. Questa prospettiva emancipatrice ha contribuito a plasmare anche quella adottata dietro l’obiettivo della macchina fotografica.
«I talenti femminili e gli artisti queer sono maggiormente sotto esame rispetto agli uomini bianchi etero», dice Renée, «È tempo di ripensare completamente al modo in cui le immagini femminili vengono prese e gettate nel flusso artistico e di riflettere su chi prende quelle decisioni».
Ciò significa abbracciare le rappresentazioni della nudità e del desiderio in un modo che non tratti le donne o i corpi queer come ornamenti o decorazioni, ma piuttosto come protagonisti delle loro stesse narrazioni.
«[Il desiderio] ispira il mio stile. Spesso utilizzo il movimento nelle fotografie per rappresentare questo concetto di desiderio che non riusciamo ad afferrare o raggiungere mai davvero. Nella storia dell’arte, i nudi femminili sono sempre stati appannaggio degli uomini. Credo invece che sia importante reclamare questo genere. È ora di dare voce alle donne nel modo in cui noi e i nostri desideri vengono rappresentati.»
Dare alle donne spazio e voce all’interno della fotografia è un processo in continua evoluzione. Mentre la fotografia di relazioni omosessuali maschili è spesso tenuta in grande considerazione dalla critica grazie a persone come Robert Mapplethorpe, le stesse raffigurazioni di donne similarmente sensuali sono meno spesso oggetto di venerazione. La Jacobs sta cercando di cambiare lo stato delle cose e il suo stile riflette questo approccio, questo tentativo di cogliere ogni sfaccettatura del mondo femminile.
«Il mio lavoro è iniziato con i classici nudi: senza testa, senza volto, scultorei. Oggi non è più così. Le mie opere sono diventate molto più erotiche, per cercare di immortalare le donne che fotografo nella loro totalità: i loro volti, le loro espressioni.»
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