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Scritto da Tom | 4 dicembre 2020
Dopo la seconda guerra mondiale, il pianeta era completamente cambiato. E l’arte non faceva eccezione: il panorama del dopoguerra aveva avuto un effetto sismico sugli artisti e sulle loro influenze. Durante questo periodo, sono sorti diversi movimenti che oggi consideriamo pilastri della scena artistica. Abbiamo chiesto ai nostri esperti di arte moderna e contemporanea , Sophie Clauwaert e Ard Doko, di accompagnarci alla scoperta dei principali stili dell’epoca.
L’epoca dell’arte del dopoguerra è classificata come il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, prima della nascita dell’arte contemporanea. Non si tratta di un movimento definito, ma piuttosto di un lasso di tempo prestabilito in cui sono emersi diversi stili. Considerando l’effetto globale della guerra, significava che gli artisti di tutto il mondo stavano creando arte in un clima che li accomunava tutti.
«Il dopoguerra in Europa si riferisce generalmente a un gruppo di artisti che, attraverso l’arte, cercavano di ristabilire la propria identità, di affrontare il trauma della guerra appena terminata e l’inizio della guerra fredda» dice Sophie. «L’America, invece, era uscita relativamente indenne dalla seconda guerra mondiale, con un’economia in crescita e una popolazione di artisti ispirata alle avanguardie europee, dato che molti si erano trasferiti negli Stati Uniti. New York emergeva quindi come fulcro dell’attività artistica, sfidando Parigi in qualità di centro nevralgico dell’arte internazionale».
Liu Ye - Dreaming Boy
La Pop art è stato uno dei movimenti più importanti dell’epoca e si concentrava sul trasformare la cultura popolare in fine arte. Si trattava di allontanarsi dal fasto e dall’estetica raffinata dell’arte classica e dei suoi soggetti, concentrandosi invece sulle persone comuni. Era questione di stare in equilibrio su una linea sottile tra la critica culturale e l’approvazione capitalista, lasciando i suoi vivaci impieghi di nuovi media (pubblicità, cartoni animati) all’interpretazione dell’osservatore.
Con così tanti movimenti in un periodo relativamente breve, Sophie spiega che è necessario osservare diverse opere di altrettanti artisti per riuscire ad apprezzare davvero la ricchezza dell’arte di quell’epoca. «Guarda una stampa tachista di Serge Poliakoff (1900-1969) o i dipinti del minimalista astratto Walter Darby Bannard (1934-2016) per farti un’idea generale dell’arte del dopoguerra».
«Per quanto riguarda la Pop art, “Two palettes for S. Xmas 1963” di Jim Dine è un ottimo esempio – quest’ultimo era un famoso artista pop americano. La sua reputazione negli anni ‘60 si era consolidata grazie alla sua pittura argutamente incongrua di utensili, vestiti e altri oggetti di uso domestico e pratico. Questo acquerello è un brillante esempio del lavoro dell’artista negli anni ‘60. Non dimentichiamoci anche delle pubblicazioni tarde di artisti iconici come Picasso (1881-1973), Chagall (1887-1985) e Miro (1893-1983), che piaceranno ai collezionisti più ferventi».
Se la Pop art e l’arte del dopoguerra erano un riflesso della realtà vissuta, il minimalismo e l’arte concettuale erano l’esatto opposto. «Credo che entrambi i movimenti fossero una reazione alle opere figurative generalmente accettate nel mondo dell’arte. Entrambi si sono sviluppati insieme negli anni ‘60 e ‘70, anche se era evidente che il minimalismo fosse influenzato da movimenti russi precedenti, come il costruttivismo e il suprematismo. Il termine “arte concettuale” era già usato intorno ai primi anni ‘60, diventando però un movimento definito solo verso la fine degli anni ‘60».
Per quanto riguarda ciò che questi due stili rappresentano, Ard spiega che ci sono sottili differenze. «Direi che il minimalismo era più focalizzato sull’oggetto e sulla forma, è una sorta di arte astratta esagerata, in un certo senso. L’uso di forme geometriche potrebbe essere legato a Malevich e al suprematismo. Per l’arte concettuale, invece, l’idea e la storia erano più importanti dell’oggetto stesso. In entrambi i casi, i movimenti si basavano molto sul contesto e sulla presentazione. Un buon esempio di artista minimalista è Frank Stella» continua Ard, «noto per il suo stile minimalista e le sue forme geometriche, che spesso incorporavano colori brillanti».
In un periodo di sconvolgimenti generazionali alla fine degli anni ‘60 e ‘70, l’arte rifletteva i tempi in rapido mutamento e questo, dice Ard, è ciò che ha reso così popolari sia il minimalismo che l’arte concettuale. «Credo che un movimento, nel corso della storia dell’arte, diventa popolare perché in qualche modo è stato una controreazione a un certo standard. Che si tratti del minimalismo o di movimenti successivi come i graffiti/lastreet art, sembrano tutti rientrare nella categoria del nuovo ed emozionante».
Probabilmente il movimento più innovativo e duraturo è l’arte contemporanea. Si tratta per definizione di un fenomeno che avanza continuamente, legato all’arte del presente. Il senso di ciò che significa arte contemporanea cambia con il passare del tempo. È probabilmente l’arte con cui la maggior parte di noi ha più familiarità. Il cuore pulsante dell’arte contemporanea è la novità, che si tratti delle zucche a pois di Yayoi Kusama o del fascino scheletrico di “Spider” di Louise Bourgeois.
Quando si tratta di dipingere, è difficile farlo in un mondo sempre più stimolato e informato. Questo è uno dei motivi per cui gran parte dell’arte contemporanea veicola l’artista ed è un’espressione dettagliata del sé. Può essere una tela per l’introspezione come può esserlo per i commenti. I temi più comuni sono la cultura, la politica, la tecnologia, l’ambiente e la globalizzazione, ma si tratta di punti di partenza più che di un elenco definitivo.
Non è un movimento facile da individuare, ma forse la caratteristica più importante dell’arte contemporanea è il fatto di essere sorprendente. «I sensi del pubblico vengono solleticati da qualcosa che non hanno mai sperimentato in passato: questo è il potere dell’arte contemporanea».
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