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Terenzio - Comoediae - 1727
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Terenzio - Comoediae - 1727

BELLA EDIZIONE COMPLETA DELLE OPERE DI TERENZIO - COLLECTOR'S COPY Terenzio scrisse soltanto 6 commedie, tutte giunte a noi integralmente. La cronologia delle opere, frutto del lavoro filologico e delle ricerche erudite dei grammatici antichi, è attestata con precisione nelle didascalie anteposte, nei manoscritti, alle singole commedie. Terenzio adattò modelli greci della Commedia nuova (νέα κωμῳδία) attica, in particolare di Menandro. Per questo forte legame artistico col commediografo greco fu definito da Cesare dimidiatus Menander, ovvero "Menandro dimezzato". L'opera di Terenzio non si limitò ad una semplice traduzione e riproposizione degli originali greci. Terenzio, infatti, praticava la contaminatio, ovvero introduceva all'interno di una stessa commedia personaggi ed episodi appartenenti a commedie diverse, anch'esse comunque di origine greca. Parte della fortuna delle sue commedie è da attribuire alle capacità del suo attore, Lucio Ambivio Turpione, uno dei migliori a quell'epoca. CONDITION REPORT - COLLECTOR'S COPY 2 volumi in 1. Legatura in piena pergamena con incisioni in oro a freddo ai piatti. Dorso a 6 nervature con titolo manoscritto. Frontespizio xilografato con piccola mancanza. Ritratto alle prime carte. Pagine interne senza particolari segni di usura ne di macchie; nel complesso buono stato di conservazione dell’opera. Pp. (32), 444, (4), (179); (8), 87, (95) FULL TITLES & AUTHORS Comoediae. Recensuit, notasque suas et Gabrielis Faerni addidit Richardus Bentleius. Followed by: PHAEDRUS. Fabularum Aesopiarum ll. V. Publii Syri e.a. veterum sententiæ. Rec. & notas addidit R. Bentleius Amstelaedami, R. &. J. Wetstenius, & G. Smith, 1727 Terenzio Afro Publio CONTENTS Publio Terenzio Afro (in latino Publius Terentius Afer; Cartagine, 190-185 a.C. circa – Stinfalo, 159 a.C.) è stato un commediografo romano, probabilmente di etnia berbera, attivo a Roma dal 166 a.C. al 160 a.C.. Fu uno dei primi autori latini a introdurre il concetto di humanitas, elemento caratterizzante del Circolo degli Scipioni. Il grammatico Donato ci ha tramandato, premettendola al suo commento delle commedie terenziane, la Vita Terentii redatta da Svetonio e da lui inserita nel suo De poetis. La data di nascita non è conosciuta con precisione; si ritiene sia nato lo stesso anno della morte di Plauto, nel 185 a.C., e comunque tra il 195 e il 183 a.C.. Di bassa statura, gracile e di carnagione scura, nacque a Cartagine; arrivò a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano. Il suo stesso cognomen (Afer, Africano) attesta la sua nascita in Africa. Il senatore lo educò nelle arti liberali, e in seguito lo affrancò per la sua intelligenza e la sua bellezza; il liberto assunse pertanto il nome di Publio Terenzio Afro.[5] Fu in stretti rapporti con il Circolo degli Scipioni, ed in particolare con Gaio Lelio, Scipione Emiliano e Lucio Furio Filo: grazie a queste frequentazioni apprese l'uso alto del latino e si tenne aggiornato sulle tendenze artistiche di Roma. Il grammatico Fenestella cita però altri esponenti della "nobilitas", ossia Sulpicio Gallo, Quinto Fabio Labeone e Marco Popillio. Durante la sua carriera di commediografo (dal 166, anno di rappresentazione della prima commedia, Andria, al 160 a.C.), venne accusato di plagio ai danni delle opere di Nevio e Plauto (entrambi condividevano come lui le idee di Menandro) e di aver fatto da prestanome ad alcuni membri del circolo degli Scipioni, impegnati in politica, per ragioni di dignità e prestigio (l'attività di commediografo era considerata indegna per il civis romano), tanto che Terenzio stesso si difese tramite le sue commedie: nel prologo degli Adelphoe (I fratelli), per esempio, egli rifiuta l'ipotesi che lo vede prestanome di altri, segnatamente dei membri dello stesso Circolo degli Scipioni. Venne accusato di mancanza di vis comica e di uso della contaminatio. Morì, stando alle notizie di Svetonio, mentre si trovava in viaggio in Grecia nel 159 a.C., all'età di circa 26 anni. Era partito per la Grecia per varie ragioni: la ricerca di altre opere di Menandro, per servirsene come modelli; la volontà di vivere personalmente nei luoghi in cui ambientava le proprie opere; e comporvi delle opere, lontano dai sodali, dimostrando quindi definitivamente d'esserne l'autore unico. Le cause della morte sono incerte; Svetonio riporta alcune ipotesi, tra cui il naufragio e il dolore di aver perduto, con i bagagli, 108 commedie rimaneggiate dagli originali di Menandro reperiti in Grecia. Probabilmente proprio per un accostamento all'ispiratore Menandro, diffusa è anche la voce, senza riscontro, di una morte per annegamento.

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Terenzio scrisse soltanto 6 commedie, tutte giunte a noi integralmente. La cronologia delle opere, frutto del lavoro filologico e delle ricerche erudite dei grammatici antichi, è attestata con precisione nelle didascalie anteposte, nei manoscritti, alle singole commedie. Terenzio adattò modelli greci della Commedia nuova (νέα κωμῳδία) attica, in particolare di Menandro. Per questo forte legame artistico col commediografo greco fu definito da Cesare dimidiatus Menander, ovvero "Menandro dimezzato". L'opera di Terenzio non si limitò ad una semplice traduzione e riproposizione degli originali greci. Terenzio, infatti, praticava la contaminatio, ovvero introduceva all'interno di una stessa commedia personaggi ed episodi appartenenti a commedie diverse, anch'esse comunque di origine greca. Parte della fortuna delle sue commedie è da attribuire alle capacità del suo attore, Lucio Ambivio Turpione, uno dei migliori a quell'epoca.

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2 volumi in 1. Legatura in piena pergamena con incisioni in oro a freddo ai piatti. Dorso a 6 nervature con titolo manoscritto. Frontespizio xilografato con piccola mancanza. Ritratto alle prime carte. Pagine interne senza particolari segni di usura ne di macchie; nel complesso buono stato di conservazione dell’opera. Pp. (32), 444, (4), (179); (8), 87, (95)

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Comoediae. Recensuit, notasque suas et Gabrielis Faerni addidit Richardus Bentleius. Followed by: PHAEDRUS. Fabularum Aesopiarum ll. V. Publii Syri e.a. veterum sententiæ. Rec. & notas addidit R. Bentleius
Amstelaedami, R. &. J. Wetstenius, & G. Smith, 1727
Terenzio Afro Publio

CONTENTS
Publio Terenzio Afro (in latino Publius Terentius Afer; Cartagine, 190-185 a.C. circa – Stinfalo, 159 a.C.) è stato un commediografo romano, probabilmente di etnia berbera, attivo a Roma dal 166 a.C. al 160 a.C.. Fu uno dei primi autori latini a introdurre il concetto di humanitas, elemento caratterizzante del Circolo degli Scipioni.

Il grammatico Donato ci ha tramandato, premettendola al suo commento delle commedie terenziane, la Vita Terentii redatta da Svetonio e da lui inserita nel suo De poetis. La data di nascita non è conosciuta con precisione; si ritiene sia nato lo stesso anno della morte di Plauto, nel 185 a.C., e comunque tra il 195 e il 183 a.C.. Di bassa statura, gracile e di carnagione scura, nacque a Cartagine; arrivò a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano. Il suo stesso cognomen (Afer, Africano) attesta la sua nascita in Africa.

Il senatore lo educò nelle arti liberali, e in seguito lo affrancò per la sua intelligenza e la sua bellezza; il liberto assunse pertanto il nome di Publio Terenzio Afro.[5] Fu in stretti rapporti con il Circolo degli Scipioni, ed in particolare con Gaio Lelio, Scipione Emiliano e Lucio Furio Filo: grazie a queste frequentazioni apprese l'uso alto del latino e si tenne aggiornato sulle tendenze artistiche di Roma. Il grammatico Fenestella cita però altri esponenti della "nobilitas", ossia Sulpicio Gallo, Quinto Fabio Labeone e Marco Popillio. Durante la sua carriera di commediografo (dal 166, anno di rappresentazione della prima commedia, Andria, al 160 a.C.), venne accusato di plagio ai danni delle opere di Nevio e Plauto (entrambi condividevano come lui le idee di Menandro) e di aver fatto da prestanome ad alcuni membri del circolo degli Scipioni, impegnati in politica, per ragioni di dignità e prestigio (l'attività di commediografo era considerata indegna per il civis romano), tanto che Terenzio stesso si difese tramite le sue commedie: nel prologo degli Adelphoe (I fratelli), per esempio, egli rifiuta l'ipotesi che lo vede prestanome di altri, segnatamente dei membri dello stesso Circolo degli Scipioni. Venne accusato di mancanza di vis comica e di uso della contaminatio.

Morì, stando alle notizie di Svetonio, mentre si trovava in viaggio in Grecia nel 159 a.C., all'età di circa 26 anni. Era partito per la Grecia per varie ragioni: la ricerca di altre opere di Menandro, per servirsene come modelli; la volontà di vivere personalmente nei luoghi in cui ambientava le proprie opere; e comporvi delle opere, lontano dai sodali, dimostrando quindi definitivamente d'esserne l'autore unico. Le cause della morte sono incerte; Svetonio riporta alcune ipotesi, tra cui il naufragio e il dolore di aver perduto, con i bagagli, 108 commedie rimaneggiate dagli originali di Menandro reperiti in Grecia. Probabilmente proprio per un accostamento all'ispiratore Menandro, diffusa è anche la voce, senza riscontro, di una morte per annegamento.

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