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Bellori / Bartoli - Picturæ Antiquæ - 1738
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Bellori / Bartoli - Picturæ Antiquæ - 1738

I SEPOLCRI ROMANI ILLUSTRATI DA BARTOLI E BELLORI Prima edizione di questa magnifica serie di 95 incisioni di Pietro Sante Bartoli che illustrano l'arte funeraria romana, commentate da Bellori. Il "Sepulcrum Nasonii" è un sepolcro romano con pareti decorate e una grande volta scoperta nel 1674 da un operaio mentre riparava via Flaminia (Roma), apparso originariamente pubblicato in Le pitture antiche del Sepolcro di Nasonii nella Via Flaminia a Roma nel 1680 illustrato con 35 lamine. Ristampato da Antonio de Rossi nel 1702 due anni dopo la morte di Bartoli. Nel 1706 il figlio di Bartoli, Francesco, pubblica un'edizione molto ampliata riutilizzando le incisioni del padre e aggiungendo 24 nuove incisioni da lui stesso realizzate ed una terza sezione o "appendice", la metà dei quali consisteva in lastre disegnate da quelle fatte per gli antichi sepolcri. UNA COPIA SUCCESSIVA (1750) IN VENDITA ONLINE A EUR 3.500,00 CONDITION REPORT Legatura in piena pergamena. Titolo inciso in oro su tassello al dorso. Tavole fuori testo. Iniziali xilografiche. Le pagine interne presentano leggere imbruniture, nel complesso buono stato di conservazione dell’opera. Pp. (2); 8nn. 214; (2). FULL TITLES & AUTHORS Picturæ Antiquæ Cryptarum Romanarum, Et Sepulcri Nasonum Delineatae, & expressae ad Archetypa A Petro Sancti Bartholi Et Francisco Ejus Filio Descriptae vero, & illustratae A Johanne Petro Bellorio Et Michaele Angelo Causseo Opus Romae, S. Michaelis, 1738 Giovan Pietro Bellori / Pietro Bartoli CONTENTS Giovan Pietro Bellori (Roma, 15 gennaio 1613 – Roma, 19 febbraio 1696) è stato uno scrittore, antiquario e storico dell'arte italiano. Conosciuto anche come Gian Pietro Bellori o Giovan Pietro Bellori, fu uno dei biografi più importanti degli artisti del Barocco Italiano nel XVII secolo. Storico dell'arte, viene da molti considerato, assieme a Filippo Baldinucci, l'equivalente di epoca barocca di Giorgio Vasari. Nacque a Roma nel 1613. Era figlio adottivo dell'antiquario, collezionista e scrittore Francesco Angeloni, proprietario di una vera e propria casa-museo in cui il Bellori crebbe e conobbe l'arte grazie alla frequentazione di moltissime personalità illustri dell'epoca che vi venivano ospitate, come artisti del calibro del Domenichino, Nicolas Poussin, Andrea Sacchi, ed importanti eruditi e scrittori tra cui Vincenzo Giustiniani e Giovanni Battista Agucchi, che però vide soltanto quando aveva solo 10 anni, dato che l'Agucchi andò Nunzio a Venezia nel 1623 e non tornò più a Roma. Si iscrisse in tenera età all'Accademia Nazionale di San Luca, dove poi svolse anche incarichi di rilievo, ma ben presto comprese che la sua inclinazione era quella di scrivere di arte più che di praticarla in prima persona. Nominato erede dall'Angeloni al momento della sua morte, ebbe così una tranquillità economica che gli permise di dedicarsi esclusivamente agli studi. Non si sposò né intraprese, come pure avrebbe potuto, la carriera ecclesiastica. La terza domenica di maggio del 1664, Bellori lesse presso l'Accademia romana di San Luca la celeberrima prolusione L'idea del pittore, dello scultore e dell'architetto, vero e proprio manifesto teorico dell'estetica classicista. In essa (d'accordo coi postulati classicisti che nella letteratura artistica rinascimentale si trovavano sanciti, sotto l'egida ciceroniana, nei trattati di Leon Battista Alberti o nella lettera di Raffaello a Baldassarre Castiglione), antico e moderno, arte e natura venivano chiamati a cooperare equilibratamente in nome di quella selettiva idealizzazione che costituiva l'auspicato traguardo della creazione artistica. Quella stessa conferenza divenne nel 1672 la prefazione della sua più importante pubblicazione che raccoglieva al suo interno le biografie di dodici dei più famosi artisti del Seicento: Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, pubblicate sotto gli auspici della neonata Accademia di Francia a Roma (Bellori fu anche in stretti rapporti epistolari con molti intellettuali francesi). Il punto di partenza della sua riscoperta della bellezza ideale è sicuramente riconducibile all'arte di Raffaello e alla filosofia di Platone. Le teorie del filosofo greco vengono metabolizzate dal Bellori e rielaborate sotto una nuova veste: se per i platonici l'arte non era altro che un'imitazione di quello che era il sublime mondo delle idee già insito all'interno della mente dell'artista esecutore dell'opera d'arte, per Bellori questo concetto si evolve ulteriormente mettendo in primo piano il ruolo fondamentale della Natura. Secondo il critico le idee non sono presenti a priori nella mente umana ma vengono ispirate grazie alla contemplazione della Natura. Cercando di recuperare l'equilibrio rinascimentale, Bellori teorizza un'Idea che «originata dalla natura supera l'origine e fassi originale dell'arte». Non è altro che il metodo seguito dal pittore greco Zeusi per conformare la bellezza di Elena, superando qualsiasi bellezza naturale: per dipingere una bella donna se ne devono vedere diverse, che sian tutte belle; ma, in assenza di belle donne, occorre saper vedere la bellezza in sé, saltando la fase dell'induzione e passando direttamente a quella astrattiva. Così Guido Reni – narra Bellori – dipingeva la bellezza non quale si offriva agli occhi, ma quale la vedeva nell'idea, poiché in natura le cose non possono mai essere perfette. Per Bellori, dunque, l'arte raffigura gli uomini non quali sono, ma quali dovrebbero essere, sicché mentre l'imitazione riproduce le cose empiriche, l'arte ci fa vedere con l'occhio intelligibile le cose che ancora non si vedono.

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I SEPOLCRI ROMANI ILLUSTRATI DA BARTOLI E BELLORI
Prima edizione di questa magnifica serie di 95 incisioni di Pietro Sante Bartoli che illustrano l'arte funeraria romana, commentate da Bellori. Il "Sepulcrum Nasonii" è un sepolcro romano con pareti decorate e una grande volta scoperta nel 1674 da un operaio mentre riparava via Flaminia (Roma), apparso originariamente pubblicato in Le pitture antiche del Sepolcro di Nasonii nella Via Flaminia a Roma nel 1680 illustrato con 35 lamine. Ristampato da Antonio de Rossi nel 1702 due anni dopo la morte di Bartoli. Nel 1706 il figlio di Bartoli, Francesco, pubblica un'edizione molto ampliata riutilizzando le incisioni del padre e aggiungendo 24 nuove incisioni da lui stesso realizzate ed una terza sezione o "appendice", la metà dei quali consisteva in lastre disegnate da quelle fatte per gli antichi sepolcri.
UNA COPIA SUCCESSIVA (1750) IN VENDITA ONLINE A EUR 3.500,00

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Legatura in piena pergamena. Titolo inciso in oro su tassello al dorso. Tavole fuori testo. Iniziali xilografiche. Le pagine interne presentano leggere imbruniture, nel complesso buono stato di conservazione dell’opera. Pp. (2); 8nn. 214; (2).

FULL TITLES & AUTHORS
Picturæ Antiquæ Cryptarum Romanarum, Et Sepulcri Nasonum Delineatae, & expressae ad Archetypa A Petro Sancti Bartholi Et Francisco Ejus Filio Descriptae vero, & illustratae A Johanne Petro Bellorio Et Michaele Angelo Causseo Opus
Romae, S. Michaelis, 1738
Giovan Pietro Bellori / Pietro Bartoli

CONTENTS
Giovan Pietro Bellori (Roma, 15 gennaio 1613 – Roma, 19 febbraio 1696) è stato uno scrittore, antiquario e storico dell'arte italiano. Conosciuto anche come Gian Pietro Bellori o Giovan Pietro Bellori, fu uno dei biografi più importanti degli artisti del Barocco Italiano nel XVII secolo. Storico dell'arte, viene da molti considerato, assieme a Filippo Baldinucci, l'equivalente di epoca barocca di Giorgio Vasari.

Nacque a Roma nel 1613. Era figlio adottivo dell'antiquario, collezionista e scrittore Francesco Angeloni, proprietario di una vera e propria casa-museo in cui il Bellori crebbe e conobbe l'arte grazie alla frequentazione di moltissime personalità illustri dell'epoca che vi venivano ospitate, come artisti del calibro del Domenichino, Nicolas Poussin, Andrea Sacchi, ed importanti eruditi e scrittori tra cui Vincenzo Giustiniani e Giovanni Battista Agucchi, che però vide soltanto quando aveva solo 10 anni, dato che l'Agucchi andò Nunzio a Venezia nel 1623 e non tornò più a Roma. Si iscrisse in tenera età all'Accademia Nazionale di San Luca, dove poi svolse anche incarichi di rilievo, ma ben presto comprese che la sua inclinazione era quella di scrivere di arte più che di praticarla in prima persona. Nominato erede dall'Angeloni al momento della sua morte, ebbe così una tranquillità economica che gli permise di dedicarsi esclusivamente agli studi. Non si sposò né intraprese, come pure avrebbe potuto, la carriera ecclesiastica.

La terza domenica di maggio del 1664, Bellori lesse presso l'Accademia romana di San Luca la celeberrima prolusione L'idea del pittore, dello scultore e dell'architetto, vero e proprio manifesto teorico dell'estetica classicista. In essa (d'accordo coi postulati classicisti che nella letteratura artistica rinascimentale si trovavano sanciti, sotto l'egida ciceroniana, nei trattati di Leon Battista Alberti o nella lettera di Raffaello a Baldassarre Castiglione), antico e moderno, arte e natura venivano chiamati a cooperare equilibratamente in nome di quella selettiva idealizzazione che costituiva l'auspicato traguardo della creazione artistica.

Quella stessa conferenza divenne nel 1672 la prefazione della sua più importante pubblicazione che raccoglieva al suo interno le biografie di dodici dei più famosi artisti del Seicento: Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, pubblicate sotto gli auspici della neonata Accademia di Francia a Roma (Bellori fu anche in stretti rapporti epistolari con molti intellettuali francesi). Il punto di partenza della sua riscoperta della bellezza ideale è sicuramente riconducibile all'arte di Raffaello e alla filosofia di Platone. Le teorie del filosofo greco vengono metabolizzate dal Bellori e rielaborate sotto una nuova veste: se per i platonici l'arte non era altro che un'imitazione di quello che era il sublime mondo delle idee già insito all'interno della mente dell'artista esecutore dell'opera d'arte, per Bellori questo concetto si evolve ulteriormente mettendo in primo piano il ruolo fondamentale della Natura. Secondo il critico le idee non sono presenti a priori nella mente umana ma vengono ispirate grazie alla contemplazione della Natura. Cercando di recuperare l'equilibrio rinascimentale, Bellori teorizza un'Idea che «originata dalla natura supera l'origine e fassi originale dell'arte».

Non è altro che il metodo seguito dal pittore greco Zeusi per conformare la bellezza di Elena, superando qualsiasi bellezza naturale: per dipingere una bella donna se ne devono vedere diverse, che sian tutte belle; ma, in assenza di belle donne, occorre saper vedere la bellezza in sé, saltando la fase dell'induzione e passando direttamente a quella astrattiva. Così Guido Reni – narra Bellori – dipingeva la bellezza non quale si offriva agli occhi, ma quale la vedeva nell'idea, poiché in natura le cose non possono mai essere perfette. Per Bellori, dunque, l'arte raffigura gli uomini non quali sono, ma quali dovrebbero essere, sicché mentre l'imitazione riproduce le cose empiriche, l'arte ci fa vedere con l'occhio intelligibile le cose che ancora non si vedono.

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